Il Confine Invisibile: storie di fantasmi e leggende della Thailandia

In Thailandia non tutte le morti portano alla pace.
Alcune si accettano. Altre restano sospese.

Quando una persona muore nel modo sbagliato, lasciando qualcosa di irrisolto, si dice che non se ne vada davvero. Rimane. Non sempre con rabbia, ma perché nessuno ha dato un senso a ciò che è successo.

Per chi guarda da fuori possono sembrare superstizioni. Ma qui i fantasmi non sono intrattenimento. Sono un linguaggio. Un modo per parlare di dolore, colpa e memoria.

Il confine tra vivi e morti non è netto. È invisibile e quotidiano. Gli spiriti abitano strade, case moderne, università, luoghi reali che tutti attraversano, ma che alcuni evitano.

Una casa può essere nuova, ma il terreno sotto di essa può non esserlo.
Una strada può essere illuminata, ma avere un punto che nessuno percorre di notte.

Per questo esistono le case degli spiriti. Offerte semplici, ripetute ogni giorno, per mantenere un equilibrio fragile tra ciò che si vede e ciò che non si vede.

I fantasmi di queste storie non tornano senza motivo. Tornano per una morte violenta, un’ingiustizia, una promessa non mantenuta. Non chiedono vendetta. Chiedono attenzione.

Perché, in Thailandia, il vero terrore non è incontrare un fantasma.


È fingere che non esista.

Dove finiscono i vivi e cominciano i morti

Mae Nak - La donna che non ha accettato la fine
Roberto Causin Roberto Causin

Mae Nak - La donna che non ha accettato la fine

Mae Nak non avrebbe mai dovuto diventare un fantasma.
Era una moglie, una madre mancata, una vita spezzata troppo presto.

Quando il marito tornò, la trovò lì.
E tutti sapevano la verità.

Il vero orrore non fu il fantasma, ma il silenzio.
Mae Nak non tornò per odio.
Rimase perché non seppe come andarsene.

E ancora oggi,
attende sul confine in cui l’amore rifiuta di finire.

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Vivere con i morti
Roberto Causin Roberto Causin

Vivere con i morti

Vivere con i morti

In Thailandia i fantasmi non vengono sempre scacciati.

A volte vengono accolti.

Ogni giorno vengono lasciate piccole offerte. Cibo. Fiori. Bevande dolci. Non per evocare qualcosa, ma per riconoscere una presenza che è già lì. L’invisibile viene trattato come un vicino, non come un intruso.

Vivere con i morti non elimina la paura. La rende gestibile. Trasforma il silenzio in abitudine e la cautela in routine. Perché qui i morti non sono lontani.

Condividono gli stessi spazi.
E osservano per capire se vengono ricordati.

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Quando una morte non è “giusta”
Roberto Causin Roberto Causin

Quando una morte non è “giusta”

In Thailandia, alcune morti non finiscono.

Quando una vita viene spezzata troppo all’improvviso o in modo ingiusto, si crede che qualcosa rimanga indietro. Non un ricordo. Una presenza. Legata al luogo in cui tutto si è fermato.

I fantasmi non si annunciano. Aspettano. Tornano alla stessa ora, sulla stessa strada, nello stesso silenzio. Gli incidenti si ripetono. Le ombre compaiono dove non dovrebbe esserci nulla.

La domanda non è mai se ci sia qualcosa.
È perché non le è stato permesso di andarsene.

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