Quando una morte non è “giusta”
In Thailandia non tutte le morti vengono considerate uguali.
Alcune scorrono via senza lasciare traccia, come se il mondo fosse pronto a lasciarle andare. Altre, invece, restano sospese. Non si chiudono. È come se qualcosa si fermasse a metà, lasciando dietro di sé una presenza che non ha trovato un posto dove andare.
Secondo le credenze thailandesi, una morte improvvisa, violenta o ingiusta crea una frattura. Non solo nella vita di chi resta, ma nel tessuto stesso della realtà. In quella frattura, invisibile ma persistente, si dice che nascano i fantasmi.
Non appaiono subito.
Aspettano.
Il tempo, per loro, funziona in modo diverso. Possono passare anni prima che qualcuno inizi a notare i segnali. Un dettaglio fuori posto. Una sensazione difficile da spiegare. Un luogo che sembra respingere chi lo attraversa. È così che comincia.
Il concetto è profondamente legato al karma. Ogni azione lascia una traccia, ogni evento produce una conseguenza. Quando una vita viene interrotta bruscamente, quella traccia rimane incompleta. Lo spirito non trova una direzione chiara. Rimane ancorato al luogo della morte, al momento preciso in cui tutto si è spezzato, o a una persona che non ha avuto il tempo di salutare.
Per questo, in Thailandia, i fantasmi non sono mai generici. Non sono “ombre” senza storia. Hanno nomi, volti, dettagli precisi. E soprattutto hanno un motivo.
Non abitano castelli immaginari o luoghi lontani. Abitano spazi ordinari. Strade trafficate. Condomini moderni. Dormitori universitari. Cantieri lasciati a metà. Luoghi attraversati ogni giorno da persone che, spesso, sentono che qualcosa non va ma non riescono a dire cosa.
Una casa può essere nuova, ma il terreno sotto di essa può non esserlo.
Una strada può essere larga e illuminata, ma avere un punto che nessuno percorre dopo il tramonto.
Un edificio può sembrare vuoto, eppure nessuno riesce a viverci a lungo.
Quando accade, nessuno lo dice ad alta voce. Ma tutti lo sanno.
A Bangkok, tra i tassisti notturni, circola da anni una storia legata a un tratto preciso di Rama IV Road. Una strada come tante, rumorosa di giorno, soffocante di notte. Proprio lì, nello stesso punto, continuavano a verificarsi incidenti inspiegabili.
Frenate improvvise. Auto che sbandavano senza ostacoli. Motociclisti che giuravano di aver evitato qualcuno per pochi centimetri. Sempre di notte. Sempre nello stesso tratto.
Il racconto era quasi sempre identico.
Una giovane donna vestita di bianco appariva sul bordo della strada. Non urlava. Non faceva segni. Stava lì, immobile. Alcuni tassisti raccontavano di averla fatta salire. Educata, silenziosa, chiedeva di essere accompagnata poco lontano. Non guardava mai nello specchietto. Non parlava durante il tragitto.
Poi, arrivati a destinazione, spariva.
Il sedile posteriore era vuoto. A volte freddo. A volte umido. Come se qualcuno fosse stato lì, ma solo per un momento.
Con il tempo emerse un dettaglio che rese la storia ancora più inquietante. Anni prima, proprio in quel punto, una ragazza era morta investita mentre attraversava la strada di notte. Nessun colpevole. Nessuna grande cerimonia. La vita era andata avanti troppo in fretta.
Per molti thailandesi, quella morte non era stata chiusa.
Non esistono rapporti ufficiali che parlino di spiriti. Ma il comportamento delle persone cambiò. I tassisti rallentavano sempre in quel punto. Alcuni abbassavano la radio. Altri evitavano di guardare lo specchietto retrovisore. Qualcuno lasciava offerte sul marciapiede: fiori, incenso, bevande.
Non per scacciare qualcosa.
Per riconoscerlo.
In Thailandia si crede che ignorare l’invisibile sia pericoloso. Non perché il fantasma diventi subito violento, ma perché viene dimenticato di nuovo. E l’oblio, anche dopo la morte, è considerato una seconda ingiustizia.
I fantasmi di cui parleremo in questo libro non urlano quasi mai. Non inseguono. Non colpiscono senza motivo. Si limitano a ripetersi. A tornare. A manifestarsi sempre nello stesso modo, nello stesso luogo, come se stessero aspettando che qualcuno capisca.
Un’ombra che compare sempre alla stessa ora.
Un rumore che nessuno riesce a spiegare.
Una sensazione di disagio che non passa.
Non chiedono vendetta.
Chiedono attenzione.
Perché, in Thailandia, il vero terrore non è incontrare un fantasma.
È rendersi conto che era lì da sempre.
E che nessuno ha mai voluto ascoltarlo.

